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"Perchè abbiano la vita" lettera pastorale sull'educazione di Mons. Donato Negro"


Presentazione della Lettera pastorale sull’educazione “Perché abbiano la vita” di S. Ecc.za Mons. Donato Negro

Venerdì 13 maggio 2011  il Centro Ecumenico Oikos “P. A. Lundin” in collaborazione con le comunità parrocchiali di Galatina ha organizzato la presentazione della Lettera pastorale sull’educazione “Perché abbiano la vita” di  S.Ecc.za Mons Donato Negro Arcivescovo di Otranto pubblicata nel febbraio u.s. Relatore il ch.mo prof. Giovani Invitto preside della facoltà di Scienze della Formazione dell’Università del Salento. Ha presieduto l’incontro S. ecc.za mons. Negro.La relazione è stata preceduta dalla proiezione di un breve video. Subito dopo la presidente, Rossella Schirone dopo aver salutato e ringraziato  l’Arcivescovo e il prof. Invitto, e il parroco don Pietro Mele per l’ospitalità, ha dato il benvenuto ai numerosi ospiti, molti venuti anche da diversi paesi della diocesi e della provincia. In particolare la presidente ha ringraziato  S. ecc.za per il dono della sua lettera pastorale che invita tutti a riflettere sull’educazione. Il tema dell’educazione, proposto alla nostra riflessione dal Vescovo, ha trovato, da parte nostra, ampia partecipazione, infatti per tutto l’anno sociale l’argomento è stato sviluppato dal punto di vista culturale, biblico, ed ecumenico. Educare, infatti, si deve; educare si può a partire dalla relazione testimoniale.
Abbiamo iniziato, infatti una serie di incontri biblici con Mons. Lenoci aventi appunto come tema: “Alla scuola di Gesù Maestro e pedagogo”  che si concluderà per questa prima parte dell’anno, venerdì prossimo, con  il “Magnificat scuola di vita e di preghiera”; incontri con il prof. Biagini per il dialogo cristiano ebriaco sul tema “onora tuo padre e tua madre.
 Educare si deve perché l’uomo non cresce ne si sviluppa da solo; infatti, di fronte alla cultura odierna che dichiara l’irrilevanza della “questione su Dio” (secondo il Papa, prima causa del disastro antropologico da cui nasce l’emergenza educativa) abbiamo la responsabilità di riproporre la questione del senso e di salvare l’uomo dalla sua condizione di orfanità; così abbiamo proposto incontri culturali specifici ad es “I Nuovi adolescenti a scuola e nella società,  grazie al prof. Vito Papa o  al prof. Mario Signore che ha trattato il tema: ”Bisogno di libertà e libertà dal bisogno”; educare si può, perché la sorte dell’uomo non è la tristezza e la rassegnazione; Dio è amore e vivere l’amore cristiano permette a Dio di entrare nel mondo: lo abbiamo fatto con il film “Uomini di Dio” e il commento di don Giuseppe Colavero, non per esaltare il martirio ma per educare all’amore, all’accoglienza e al dialogo interreligioso; non dimentichiamo in proposito l’educazione al rispetto del creato e quindi il convegno di settembre che ha visto la partecipazione dei rappresentanti di tutte le religioni. La presidente ha poi ricordato come la via privilegiata per l’educazione indicata dagli Orientamenti CEI e ribadita nel corso della Lettera Pastorale, è quella della relazione testimoniale e, in particolare, quella pedagogia del buon esempio offerta da due figure Giovanni Bosco e don Milani: caratteristica di entrambi è quello dell’accompagnare con l’amorevolezza che non scade nel buonismo e che ha come obiettivo quello di far crescere e maturare la persona. Tutto ciò, ha concluso la presidente, lo facciamo come laici perché desideriamo mostrare il volto di  una chiesa viva e aperta  in cui tutti possano dire di appartenere. A questo punto la parola è passata al prof. Invitto che ha ringraziato l’Oikos per avergli offerto l’occasione di incontrare l’Arcivescovo, al quale lo legano sentimenti di amicizia  (e perciò chiamato affettuosamente dal prof. Invitto: “don Donato”) risalente ai tempi dell’università e soprattutto per la reciproca collaborazione a Lecce con il vescovo Mincuzzi negli anni 1970-80. Il prof. Invitto è entrato nel tema di questa lettera sull’educazione indirizzata dall’Arcivescovo Mons. Negro ai fedeli della sua diocesi definendola non solo un saggio di pedagogia ma anche un’analisi dell’odierna realtà ecclesiale. In essa sono coniugate vita ed educazione. Educare non è un dare ma un tirar fuori le potenzialità dell’allievo.
Importante è il ruolo della cultura e della liberazione della coscienza e della mente nell’emancipazione del soggetto, sia per il suo bene personale che per la società. Ricordiamoci che, se anche educatori siamo sempre educandi. Quello di Cristo è un messaggio di liberazione e di salvezza ed è la Chiesa che lo deve   far conoscere, la chiesa magistra, ma prima di tutto mater  con la sua pedagogia della maternità. Non a caso per papa Luciani Dio è anche madre per la sensibilità che dimostra verso i suoi figli e la cura con cui li circonda. Forte il richiamo nella lettera ai genitori nonché ai sacerdoti e particolarmente ai parroci a non essere burocrati per non disorientare i ragazzi. Opportuno nella lettera il riferimento a don Giovanni Bosco e al suo metodo preventivo, sebbene oggi non più proponibile, ma il cui spirito rimane ancora valido perchè l’educazione è spesso carente di cura. Importante per il relatore l’aver sottolineato da parte dell’Arcivescovo che l’educazione è l’incontro di due libertà: quella dell’educando e quella dell’educatore. A tal proposito vengono indicati i “laboratori  di Don Milani” proposti da mons. Negro alla sua diocesi idruntina. Condivisbile il ruolo educativo dell’intera comunità nei riguardi del singolo educando. Ha richiamato, in proposito, il pensiero di don Tonino Bello sull’educazione – tirar fuori - valido per la famiglia e per la parrocchia rappresentato dall’immagine del trarre acqua dal pozzo  ( che sarebbe l’educando9 mediante strumenti come secchio ( la cultura), la carrucola ( la pedagogia della soglia), la brocca (l’entusiasmo che contagia e perciò motiva). Originale, per il relatore,la pedagogia della soglia, secondo la qualel’educatore p chiamato ad accostarsi al ragazzo restando sulla soglia della sua coscienza. Per illustrare la simbologia dell’ultimo strumento, la carità, viene riferito il racconto della Cascina Piana di Giovanni Rodari: lì  c’era un solo pozzo, undici  famiglie e undici corde, una per famiglia. Solo dopo aver accolto e nascosto  durante la guerra uno straniero, le undici famiglie riscoprono tra loro l’amicizia, la solidarietà e quindi decidono di condividere un’unica corda.La corda nell’educazione rappresenta l’alleanza delle varie agenzie educative: famiglia, parrocchia, scuola, che insieme mirano alla felicità personale (la vita buona secondo il vangelo) del bambino e del ragazzo nel bene comune. Il prof. Invitto ha poi concluso il suo intervento con una citazione di Bernardo di Chiaravalle presa dai sermoni sul cantico dei cantici: “io non approvo chi molto sa se ignora i motivi del suo sapere, chi infatti vuol sapere soltanto per sapere è questa è una turpe curiosità, c’è chi vuol conoscere soltanto per essere conosciuto e questa è una turpe vanità, c’è invece chi vuol sapere per vendere la propria scienza e ricavarne denaro e onori e questa è un turpe guadagno, c’è chi vuol sapere per essere edificato e questa è prudenza, poi c’è chi vuol sapere per edificare e questa è carità”. «Il messaggio di questo libro, ha sottolineato il prof. Invitto, è  proprio in questo spirito: un invito ad edificare perché questa è la vera carità e questa è l’educazione».
Conclusosi l’intervento del prof. Invitto, l’Arcivescovo mons. Negro dopo aver ringraziato l’Oikos per quest’iniziativa e il relatore per il commento egregio, essenziale ha così concluso: «È una lettera  che apre il cuore alla fiducia e alla speranza; fiducia nella vita perchè il vangelo è davvero liberazione nel senso integrale, è salvezza. L’educazione è difficile sempre, ieri come oggi però è bella, è  entusiasmante,  è un’avventura avvincente, e non è più difficile di ieri. Oggi si sentono i genitori sconfortati,  gli insegnanti e la scuola che non reggono questi ragazzi; gli adulti che attribuiscono queste responsabilità alle nuove generazioni quasi che i ragazzi nascessero con un DNA diverso da quelli di prima;  certamente ci sono delle responsabilità, ma dentro. C’è una responsabilità che è dell’atmosfera culturale, sociale, antropologico da quando è venuto meno il  senso, il valore della persona, della vita. Ecco che cambiano i processi educativi, sono in crisi quelli delle passate generazioni, si tratta, in pratica, di avere questo spirito di apertura, di cogliere il nuovo, di inserirsi, perché ci sono delle opportunità meravigliose anche nella società di oggi.
Una volta c’era omogeneità culturale, certi valori e comportamenti venivano trasmessi: erano visibili non c’era bisogno di comunicare. La comunità ecclesiale comunicava i contenuti della fede, la scuola i contenuti, e i ragazzi vivevano delle relazioni di rispetto della persona, relazioni di vicinato, li metabolizzavano stando dentro questa società. Oggi si è spezzato questo processo di omogeneità culturale, e sono nati nuovi processi. Una volta la famiglia era patriarcale, tipo padre padrone, e il figlio cresceva in una situazione di dipendenza,  la moglie non aveva voce in famiglia, e questa certamente non era una bella situazione di sistema educativo, e si potrebbero fare tanti altri esempi.
Noi dobbiamo avere veramente gli occhi nuovi: quelli del vangelo e, dentro questa realtà,  cogliere   la possibilità di una educazione intenzionale dove uno può veramente scegliere come ci si educa alla vera  libertà, all’uso corretto della libertà. Diventare persone autonome, solidali, si può, se lo si diventa dentro una realtà.  Oggi ci vuole un lavoro a rete e progettuale, la comunità  può educare attraverso le varie agenzie educative che si mettono in rete dentro un progetto valoriale che crea un circuito positivo. Ciò che non deve mai mancare, però, è la speranza, la fiducia nella vita, perché questa è la cosa  più bella per essere degli educatori determinati, autorevoli, che hanno fiducia, che stabiliscono rapporti, relazioni significative di amorevolezza, che sanno dare anche delle regole, (perché ci vogliono) e tutte quelle cose che fanno  dell’educatore una personalità significativa. Mai demoralizzarsi, oggi il Signore cammina accanto a noi e vuole che siamo a tutti i livelli educatori efficaci».


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